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Sento sempre una fiaccola nelle mani. Un fuoco che si dilaga come linee guida di un pentagramma per le mie falangi.

Un fuoco che rode dentro in modo insopportabile. Eppure, questa insopportabilità si affianca ad enfatiche risate senza controllo, come la salivazione che ne deriva.

E’ una dichiarazione esplicita e onesta: talvolta l’euforia travestita da follia (chissà chi ha il dominio) mi raggiunge precocemente, e regola le mie azioni. L’attimo in cui eseguo un’azione non comandata dal mio riflettere sembra originariamente di questa follia.

Quando ritorno al mio stato naturale di pieno controllo è come se mi svegliassi ed è una sensazione orribile; come l’ubriaco che subisce la sbornia, come l’aver fatto un sogno troppo nitido, come vivere in un deja-vù.

Ricorro al sesso o all’alcool per esorcizzare questi momenti talvolta, anche se mi rendo conto che forzarsi a fare una o l’altra cosa scade nel simulare il problema che voglio evitare.

C’è una sorta di tentazione fortissima, una specie di attrazione fatale per fare tutto ciò che non vorrei. Quando viene fuori, questo qui è attratto come una falena dalla fiamma, a tutto ciò che esattamente non mi piacerebbe. E’ una tortura poiché rimango cosciente mentre l’altro ha il controllo, quindi mi rendo conto di cosa gli passi per la testa.

Quando si vuole fare baldoria o bisboccia, quando gli amici affermano di volersi divertire creando un rituale sociale come una festa o un’uscita sociale, è lì che l’altro sente di poter uscire fuori.

Sento di stare bene quando non c’è ma mentre lui comanda facendo quel che fa sta bene pure lui. Questo significa solo che siamo agli antipodi. Se lui non ci fosse non so chi sarei io.

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